IMPRESSIONI LETTERARIE 2015
Impressioni su: "NUMERO ZERO " di Umberto Eco
In questo libro Eco è solo un esteta esibizionista. Il suo è un virtuosismo letterario di un grande affabulatore da salotto, piacevole e divertente, ma dal contenuto fiabesco che alla fine ti fa sembrare la letteratura un fatuo fuoco d'artificio. La storia è solo un pretesto per sviluppare la satira di costume e l'autore si dimostra maestro nel rivelare il retroscena mediatico che mescola le carte della disinformazione, ma giocare con la storia, quando si esagera, diventa grottesco. La storia è dramma quando non è tragedia, non commedia, se non nell'intimità di singoli personaggi, ma nei suoi macro accadimenti non è riducibile ad ipotetico soggetto da copione per spettacolo di varietà: rasenta l'insulto alla memoria di coloro che vi hanno perso la vita.
Impressioni su: "L'ALTRA METÀ DI ME" di Anna Caradonna
Buono l'impianto narrativo e la descrizione della psicologia femminile contrapposta a quella maschile nella quotidiana conflittualità di genere.
Buono il percorso autoanalitico alla ricerca delle cause remote delle proprie insicurezze ed incongruenze comportamentali.
Poco approfondito il conflitto generazionale tra padri e figli lasciato alla superficie degli avvenimenti pregressi.
Peccato che la conclusione del racconto d'impronta fortemente autobiografica sia affrettata e quindi stucchevole.
Impressioni su: "I NOSTRI GIOVEDÌ AL PARCO" di Hilary Boyd
Un buon romanzo rosa specchio di una realtà comune; di un quotidiano in cui ogni individuo o coppia di qualunque angolo del mondo trova riflessa una parte di sé, piccola o grande che sia. Descritto molto bene il vissuto femminile della dinamica familiare e di coppia, la conflittualità che tormenta Jeanie. Decisamente carente il vissuto di George nella descrizione del quale l'autrice si muove con più difficoltà, non riuscendo a calarsi nella psicologia maschile, che interpreta affidandosi a cliché superficiali dettati da luoghi comuni. La vischiosità gelosa, infantile, dispotica e ottusa di George contrasta con la ostentata sicurezza descritta di buon marito, padre e manager familiare (la gelosia è fonte d'insicurezza non del contrario). La depressione reattiva che lo coglie quando poi prende coscienza della realtà è esagerata nei sintomi e nel comportamento, più vicino alla dissociazione che all'abulia depressiva. La figura di Ray è fin troppo idealizzata e perfetta e quindi poco credibile. Le figure più aderenti alla realtà, oltre a Jeanie mi paiono quelle marginali di Rita, Chanty e Alex.
Peccato che la traduzione riveli, nei congiuntivi mancati,
( vedi l'uso errato del condizionale in più occasioni, sfuggito anche in fase di correzione di bozze) una conoscenza carente della lingua italiana.
Impressioni su: "IL CARCERE" di Cesare pavese
Stefano vive il soggiorno al confino come se si trovasse ancora entro le anguste mura del carcere. Spazio dilatato, ma sempre chiuso entro dei confini corporei di libertà violata, meglio ancora, rubata da sempre perché si tratta di libertà interiore. Stefano personaggio , scontroso, introverso, misantropo, che si rifiuta di aprirsi verso l'esterno, forse più autistico che altro. In lui non c'è comprensione, non compassione, ma indifferenza e anaffettività. Il filo che lo lega al non io è labile, ridotto al minimo dei contatti non solo umani, ma verso le cose stesse, tanto da rendere sicuro il maresciallo che Stefano non scapperà. Infatti per Stefano la libertà è chiusa nell'angusto mondo dei suoi pensieri, del piangersi addosso, della sua noia, della sua apatia, del suo "male di vivere", di cui la valigia mai disfatta ne rappresenta l'essenza; evadere quindi non ha senso perché significa evadere da se stesso. La valigia aperta, ma mai vuotata è il confino o carcere aperto e il contenuto è Stefano, che non ne esce perché la libertà non è fuori dalla valigia. Per Stefano, alter ego dell'autore, il carcere è la vita stessa.
Impressioni su: "NAZISTI IN FUGA" di Arrigo Petacco
Nel narrare come la maggior parte dei criminali nazisti sia potuta riparare impunita nei paradisi sudamericani e del medio oriente attraverso la "Ratline" o via dei conventi predisposta dal cardinale Hudal in Vaticano e col finanziamento dell'organizzazione "Odessa" è solo una puntualizzazione e rivelazione di dettagli riguardante un fenomeno noto a tutti fin dal 1945. Infatti ricordo che nel 1946 mio padre mi raccontava di come il convento francescano di Padova e i pii fraticelli della Basilica del Santo fossero attivi nell'offrire riparo e organizzare la fuga ai gerarchetti locali della RSI fortunosamente sfuggiti alla vendetta partigiana fornendo loro saio e salvacondotto.
Se della cosa ne era a conoscenza mio padre, oscuro ed insignificante popolano che dal 1938 abitava stabilmente lontano 250 chilometri dal paesello d'origine, la dice lunga su come l'esistenza della Ratline o via dei conventi fosse un segreto di pulcinella anche se lui ignorasse Odessa. Perciò, se Petacco ha un merito, è quello di richiamare alla memoria dei revisionisti le nefandezze non solo della seconda guerra mondiale e, per estensione di ogni guerra in sé, ma anche del vergognoso riciclaggio di criminali tutt'altro che pentiti, reintegrati perfino negli stessi uffici ricoperti sotto il nazismo in un dopoguerra decantato come "Liberazione".
Liberazione da chi?..